YOGA IL POTERE DELL’INCLUSIONE
Ivana Brigliadori
L’idea di raccogliere le mie idee sul concetto di “inclusione” non nasce nell’ambito della mia ricerca nel campo dello yoga, né è il prodotto della mia laurea e curiosità, semplicemente sono le impronte delle mie radici, soprattutto di mia madre. Sono nata e cresciuta in un bar gestito da mia madre a Tribola di Borghi sulle prime colline di Rimini. In questo luogo si viveva come in una sorta di comunità, ognuno pur alimentando la propria personalità era importante per tutti gli altri. Se c’era un nome era un soprannome scherzoso, ognuno ne aveva uno che rispecchiava una sua caratteristica. Un problema era il problema di tutti e una gioia era la gioia di tutti. Era molto forte il sentimento della compassione, della comprensione e della condivisione. Dove albergano questi sentimenti è inevitabile la gioia di stare insieme con un senso di “inclusione”, di scherzo e di gioia. Più miseria c’era e più la gente si inventava e si divertiva. Un giorno, quando avevo nove anni, mia madre mi ha sottratto un piatto di spaghetti che stavo mangiando per darlo al barbone del paese il cui soprannome era Mundin e mi ha detto “Tu li mangerai domani, lui chissà da quando non mangia!”, al quale non negava un bicchiere di vino gratis quando non poteva pagare ma non uno di più per non farlo ubriacare. Un altro giorno quando venne nel bar la supplente della maestra per chiedere se c’era un alloggio in paese, lei l’ha fatta dormire con me e mia sorella nel lettone, non c’era altra scelta, in paese non c’erano alberghi e la maestra aveva pregato mia madre di ospitarla altrimenti avrebbe perso il lavoro. In quel mese in casa con noi si comportava come una di famiglia, a scuola mi trattava come tutti gli altri. Mia madre si dilettava a fare la sarta per bambini nei momenti liberi, non l’ho mai vista prendere soldi, solo scambi: uova, formaggio, olio, verdura e frutta. Da adolescente, se avevo bisogno di andare nei paesi vicini, fermava le macchine e chiedeva un passaggio. Lei conosceva tutti, erano tutti suoi clienti, ricompensava mandandomi a tutti i funerali perché lei non aveva tempo, ma non ero l’unica bimba, con gli altri bimbi giocavamo sotto le bare ai rosari la sera e ai funerali, ballavamo dietro la banda.